W Eugene Smith: Pittsburgh, Ritratto di una città industriale

W. Eugene Smith: Pittsburgh, Ritratto di una città industriale è la bella e importante mostra di fotografia aperta al MAST.GALLERY di Bologna fino al 16 settembre 2018.

W. Eugene Smith: Pittsburgh, Ritratto di una città industriale: qui si parla di fotografia americana degli anni Cinquanta. E che fotografia, signori miei!

William Eugene Smith – classe 1918, morto nel 1978 – è uno dei fotografi americani più importanti della metà del Novecento, praticamente venerato da chiunque si occupi di fotografia per il suo rigore, per la bellezza delle sue immagini e per il suo noto e assoluto rifiuto di scendere a compromessi di qualunque tipo.

Dunque un tipo duro, autentico, capace di guardare la realtà in faccia senza sentimentalismi, e infatti documentò la Seconda Guerra Mondiale con un’intensità senza paragoni. Negli anni successivi Smith si dedicò poi anima e corpo al progetto su Pittsburgh: quello cioè di ritrarre la città industriale americana per antonomasia.

 

Doveva trattarsi di scattare un centinaio di immagini in un paio di mesi, per una pubblicazione celebrativa sul bicentenario della fondazione della città, negli anni Cinquanta in pieno boom grazie alle sue industrie e soprattutto alle sue acciaierie.

Divenne invece un’ossessione, un lavoro monstre. Tanto che in tre anni Smith produsse circa 20.000 negativi, dai quali trasse 2.000 masterprints, o stampe per mostra. Ma il problema fu che Smith volle sempre proteggere questo lavoro cercandone il controllo totale sulla pubblicazione – ovviamente non riuscendoci mai.

Nessuna rivista poteva andare bene, perchè ovviamente nessuna poteva offrire mai abbastanza spazio per una raccolta del genere. Smith disse di no persino a Life, che gli aveva fatto un’offerta interessante. Il fatto è che voleva arrivare a pubblicare un mega libro, che altrettanto ovviamente non venne mai realizzato.

Pittsburgh fu una magnifica ossessione, insomma. Che adesso arriva a Bologna, al MAST. gallery, in una bella selezione di 170 stampe vintage (importante!), tutte provenienti dalla collezione del Carnegie Museum of Art di Pittsburgh, appunto.  Queste immagini strepitose raccontano la città e l’America degli anni cinquanta, un’America diversa da quella glossy dei film di Hollywood ma molto più vera e rude. Proprio com’era William Eugene Smith.

Margherita Abbozzo. Tutte le info pratiche qui. 

Didascalie delle immagine in ordine di apparizione sui vostri schermi:

W.Eugene Smith, Forgiatore, 1955-1957, Stampa ai sali d’argento
23.49 x 33.34 cm, Carnegie Museum of Art, Pittsburgh
Gift of Vira I. Heinz Fund of the Pittsburgh Foundation
© W. Eugene Smith / Magnum Photos

W. Eugene Smith, USA, 1918-1978
Stabilimento National Tube Company, U.S. Steel Corporation, McKeesport,
e ponte ferroviario sul fiume Monongahela,
 1955-1957
Stampa ai sali d’argento, 22.86 x 34.29 cm
Carnegie Museum of Art, Pittsburgh
Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection.
© W. Eugene Smith / Magnum Photos

W. Eugene Smith in his workroom 
© Arnold Crane, “Portraits of the Photographers”, 1968-1969.
Archives of American Art, Smithsonian lnstitution

W.Eugene Smith, USA, 1918-1978
Deposito U.S. Steel, Rankin, 1955-1957
Stampa ai sali d’argento, 33.66 x 21.27 cm
Carnegie Museum of Art, Pittsburgh
Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection.
© W. Eugene Smith / Magnum Photos

 

W.Eugene Smith, USA, 1918-1978
Operaio in un’acciaieria, 1955-1957
Stampa ai sali d’argento, 33.97 x 23.49 cm
Carnegie Museum of Art, Pittsburgh
Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection.
© W. Eugene Smith / Magnum Photos

W. Eugene Smith, USA, 1918-1978
Operaio di un’acciaieria che prepara le bobine, 1955-1957
Stampa ai sali d’argento, 22.86 x 34.61 cm
Carnegie Museum of Art, Pittsburgh
Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection.
© W. Eugene Smith / Magnum Photos

W. Eugene Smith, USA, 1918-1978
Ragazza accanto a un parchimetro, Carnevale della Camera di commercio di Shadyside,
Walnut Street,
 1955-1957, Stampa ai sali d’argento
33.66 x 22.22 cm, Carnegie Museum of Art, Pittsburgh
Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection.
© W. Eugene Smith / Magnum Photos

W. Eugene Smith, USA, 1918-1978
Bambini che giocano tra Colwell Street e Pride Street, Hill District, 1955-1957
Stampa ai sali d’argento, 34.61 x 23.18 cm
Carnegie Museum of Art, Pittsburgh
Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection
© W. Eugene Smith / Magnum Photos

 

 

Incontri Miracolosi: Pontormo

Incontri Miracolosi: Pontormo dal disegno alla pittura è una piccola ma deliziosa mostra che apre a Palazzo Pitti.

E’ sempre una gioia poter passare un pò di tempo in compagnia dei lavori del Pontormo. E’ bello perdersi nei suoi quadri…naufragar è dolce in quel mare. E ci si fanno incontri davvero miracolosi.

Come quelli che si possono adesso fare, fino al 29 luglio, nella Sala delle Nicchie, al primo piano di Palazzo Pitti.  Incontri miracolosi: Pontormo dal disegno alla pittura offre l’occasione di vedere 3 lavori bellissimi insieme a dei disegni preparatori.

E lì stanno i miracoli, perché si tratta di quadri e disegni che normalmente vivono ormai separati, lontani gli uni dagli altri.

Posto d’onore va a La Visitazione, proveniente dalla Pieve dei Santi Michele Arcangelo e Francesco di Carmignano, opera di bellezza abbacinante che a Carmignano di solito vive ed è ora esposta qui prima di un suo lungo tour americano (per il quale starà via un anno!!). Come si sa, apparentemente il tema dell’opera è l’incontro tra la Vergine e sua cugina Elisabetta, la madre di San Giovanni Battista. Ma c’è molto di più, e questo di più rimane indecifrabile, per fortuna. E’ un lavoro di bellezza struggente, di grande poesia. Ineffabile. Magnifico. Come il suo disegno preparatorio.

Poi c’è il cosidetto Alabardiere, gran quadro che vive a Los Angeles al J. Paul Getty Museum, dove poi la mostra si sposterà. Ancora non si è scoperto chi sia il personaggio ritratto, ma questo non ostacola minimamente la gioia che dà il quadro. Accanto, un disegno preparatorio bellissimo, di casa agli Uffizi.

Terza gemma, il Ritratto di giovane uomo con berretto rosso, oggi in collezione privata inglese. Anche l’identità di questo giovinotto è andata persa, ma non importa. Si è catturati dalla resa psicologica del modello e da quella pittorica, sublime, come del resto il disegno preparatorio, anche questo nella collezione degli Uffizi.

La mostra è completata da un bell’autoritratto, molto noto, una stampa di Albrecht Durer (artista importante nello sviluppo del Pontormo) e un paio di opere di Bronzino (che del Pontormo fu allievo). Tanti incontri miracolosi, tra i quali i più miracolosi saranno quelli che ognuno di noi avrà andando di persona davanti a queste opere somme.

 

E non dimenticatevi che una volta usciti dal Palazzo basta girare a destra e fare pochi passi per trovare un’ altra opera del Pontormo meravigliosa e memorabile, la cosiddetta Deposizione in Santa Felicita.

 

Margherita Abbozzo.

Tutte le fotografie sono mie, a parte:

quella del disegno preparatorio della Visitazione, per il quale la didascalia completa è

Jacopo da Pontormo (Pontorme, Empoli 1494 – Firenze 1557), Modello per la Visitazione, 1528-1529 circa, Pietra nera, tracce di gessetto bianco, quadrettatura a pietra rossa, carta, Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei disegni e delle stampe.

La foto dell’Alabardiere, Jacopo da Pontormo (Pontorme, Empoli 1494 – Firenze 1557), Ritratto di Alabardiere (Francesco Guardi?), 1529-1530 circa, Olio su tela (trasportato da tavola), Los Angeles, The J. Paul Getty Museum

e quella del disegno preparatorio: Jacopo da Pontormo (Pontorme, Empoli 1494 – Firenze 1557), Studio per l’Alabardiere, 1529-1530, Pietra rossa, parzialmente riquadrato lungo il lato inferiore a pietra rossa, carta, Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei disegni e delle stampe.

 

 

 

 

Primo Maggio : le fotografie di Ferruccio Malandrini

 

Primo maggio dei lavoratori, piccolo mondo antico? Le fotografie di Ferruccio Malandrini nella mostra Primo Maggio Mensano aperta a Siena alla Biblioteca Comunale degli Intronati ci fanno fare un gran tuffo nel passato.

Un passato che in queste settimane di confusione politica generale sembra lontano lontano lontano.

Si tratta di 80 fotografie realizzate sempre il primo maggio, sempre a Mensano – comune di Casole, provincia di Siena – negli anni che vanno dal 1963 al 1975.

Raccontano i valori di una società e insieme, come scrive Pietro Clemente nel catalogo, “il rito di affermazione di una nuova identità, quella della dignità del mondo del lavoro, operaio o rurale che sia. E non è una gita fuori porta, ma un rito pubblico, con comizio e abito da cerimonia”. E la banda, e la merenda tutti insieme.

The way we were.

 

Che poi chissà.

Eppure in tutte le fotografie di Ferruccio Malandrini – classe 1930, gran fotografo e principe dei collezionisti di fotografie –

davvero splende il sol dell’avvenir e soffia il vento – anche se non infuria la bufera. Il vento di quella fede in un futuro migliore e più giusto che ha forgiato tanti italiani, per almeno tre generazioni.

 

 

Una fede che adesso, mah. E però, come scrisse il poeta inglese Tennyson: ‘Tis better to have loved and lost than never to have loved at all.

Buon primo maggio a tutti!

Margherita Abbozzo.

Tutte le foto sono di Ferruccio Malandrini. Il ritratto di Malandrini è di George Tatge.

La mostra è stata organizzata una prima volta nell’agosto del 1980 a Siena durante i quindici giorni della Festa de l’Unita’, e nel 1983 presso la biblioteca della Standford University di Firenze. Nel gennaio del 2017 le fotografie sono state nuovamente stampate e alcune nuove immagini arricchiscono la prima edizione.

La mostra è ad ingresso gratuito e si può visitare fino a sabato 26 maggio 2018. Orari: da lunedì al venerdì dalle ore 15.00 alle ore 19.00, il sabato dalle 9.00 alle 13.00. La domenica e i giorni festivi la mostra è chiusa.

Marie Antoniette, da Hollywood a Prato

Marie Antoniette? Quella di “se non hanno pane mangino brioche“? Si, proprio lei. La regina di Francia – che probabilmente non pronunciò mai quelle parole – nonchè soggetto dell’omonimo film di Sofia Coppola, in queste settimane è la star della bella mostra al Museo del Tessuto di Prato.

Marie Antoniette, I Costumi di una regina da Oscar è la mostra che presenta gli abiti di scena creati per il film dalla grande costumista Milena Canonero. E che abiti! Le hanno giustamente fatto vincere il suo quarto Oscar, dopo Barry Lyndon e Momenti di gloria, e prima di Grand Budapest Hotel. Chapeau!

Andiamo in ordine: il film di Sofia Coppola è un “remake” di una pellicola famosissima girata nel 1938 da W. S. Van Dyke, con Norma Shearer nel ruolo di Marie Antoniette, e basato sulla biografia della sfortunata regina  scritta da Stefan Zweig nel 1932. Già per quella produzione furono realizzati costumi incredibili, disegnati da Adrian, il più grande costumista della Hollywood degli “annni d’oro”.

Sofia Coppola ha scelto di dare un’ immagine della regina più vicina alla sensibilità contemporanea. E la sua attrice preferita, Kirsten Dunn, ha dato vita a una giovane Marie Antoniette con molti punti in comune con le ragazze di oggi. Gli abiti di scena sono rigorosissimi dal punto di vista storico, ma, magia!, riescono a sembrare vicini anche ai nostri tempi.

Adesso queste perfette costruzioni di panna montata, piume, pizzi e crinoline si possono vedere da vicino. E’ divertente, interessante, e istruttivo.

La mostra rimane aperta fino al 27 maggio. E se fate presto (entro il 29 aprile) potrete anche ammirare una selezione interessante di veri abiti settecenteschi, in una mostra parallela – Il Capriccio e la Ragione – che si trova al pian terreno del bel museo, situato nella ex cimatoria Campolmi a Prato.

 

La mostra di Marie Antoniette è realizzata in collaborazione con la Sartoria The One, di Roma, che custodisce un vastissimo patrimonio di abiti che raccontano la storia dello spettacolo televisivo, teatrale e cinematografico italiano e straniero. Altro che brioches!

Margherita Abbozzo.

Tutte le foto sono mie, a parte la foto di scena del film del 1938.

Tutte le info pratiche qui

 

 

 

Fotografia Europea a Reggio Emilia

Apre Fotografia Europea, il bel festival di fotografia che come ogni anno anche nel 2018 riempie Reggio Emilia di mostre, idee, eventi… e di fotografia in tutte le salse.

Un festival di fotografia che si declina in versione ufficiale, con mostre curate con tutti i crismi, e in versione off, con piccoli eventi che riempiono spazi di ogni genere, come negozi, case, botteghe, androni, studi professionali, giardini e giardinetti. E che si allargano poi a macchia d’olio in tutta la provincia. Fotografia ovunque, insomma!

 

Il tema portante? Quest’anno è “RIVOLUZIONI – Ribellioni, cambiamenti,utopie”.

Se le precedenti edizioni ci avevano abituato a vedere fotografie in mostre allestite in alcuni luoghi deputati,  spesso fascinosissimi, quest’anno ci sono cambiamenti, che regalano ulteriori possibilità di penetrare in posti nascosti o sconosciuti di una cittadina veramente deliziosa.

Palazzo Magnani c’è sempre. Quest’anno ospita Sex & Revolution! Immaginario, utopia, liberazione (1960-1977)

Una mostra dedicata all’immaginario sessuale di anni e di una società che sembrano lontanissimi dal clima di oggi, sebbene non sia cambiata l’ossessione sul corpo femminile. Divertente e piena di fotografia, oggetti, video, ma…se la mostra l’avesse curata una donna il risultato sarebbe stato diverso. Non bisogna scordarsi mai che il corpo delle donne, come ci ricorda la grande artista Brabara Kruger, davvero è sempre e comunque “un campo di battaglia”.

E ci sono sempre anche il bellissimo palazzo Da Mosto – con mostre dedicate alle celebri fotografie di Joel Meyerowitz, ad alcune nuove di Toni Thorinbert, e ai photobooks della GAM di Roma; ci sono i chiostri di San Domenico, che ospitano una serie di piccole personali di 9 fotografi iraniani, più un omaggio all’Iran di Walter Niedermayer;

C’è ancora lo spazio Guerra, con una mostra dedicata alla fotografia dei fotoromanzi;

così come lo spazio di via Secchi 11, con sei piccole personali interessanti, tra le quali segnalo quelle di Umberto Coa e Nicolò Panzeri;

E c’è sempre la galleria Parmeggiani, che oltre la mostra di Francesca Cattelani ha la sua favolosa collezione permanente; come c’è di nuovo la Sinagoga, che torna ad aprirsi per ospitare le strepitose immagini sulla Cina di Luca Campigotto.

Nuove inveci le sedi della Banca d’Italia, dove si possono vedere una installazione di Mishka Henner e l’inizio di un nuovo progetto di Francesco Jodice; quelle del Battistero e del Palazzo del Vescovado, nelle quali si possono ammirare le intensissime e toccanti fotografie in bianco e nero di Elio Ciol, uno dei maestri storici della fotografia italiana; lo Spazio U30Cinque, che apre con una serie di mostre dedicate alla fotografia di giovani “emergenti”, tra i quali segnalo Lorenza Demata; e Villa Zironi, una villa liberty che ospita una mostra di Lorenzo Tricoli.

La sezione off ha come epicentro Via Roma, coinvolta in un tripudio di iniziative coloratissime, vitali e alternative, che fanno esplodere fotografia ovunque: in studi professionali, lavanderie, negozi di ogni tipo, residenze private, ballatoi e androni.

Tra tutte queste mostre, segnalo il tributo al poeta Corrado Costa, al fotografo Antonio Contiero e alla mitica rivista Frigidaire che si trova all’indirizzo Via Roma 50. Un fantastico flash back a personaggi e idee celebrati anche nel libro BIF e altre storie da Pierluigi Tedeschi.

 

La sezione off continua poi nel centro storico, dove non si deve perdere Viaduegobbitre, un condominio di artisti che aprono le loro case a tanti fotografi; e continua ancora fuori le mura – come la collezione Maramotti, che ospita la mostra Il Giardino, di Lutz & Guggisberg; e infine in una miriade di centri della provincia.

Insomma, volete fotografia? Il festival Fotografia Europea vi offre l’occasione di farne una scorpacciata epocale, con un miliardo di occasioni di divertirsi a guardare, vedere e pensare.

 

Margherita Abbozzo. Tutte le foto sono mie. In ordine di apparizione: 1, 2,e 3: da Sex & Revolution! a Palazzo Magnani; 4, Gohar Dashti, Untitled, dalla serie Home, 2017; 5, allo spazio Guerra; 6, Umberto Coa, Non dite che siamo pochi; 7 e 8, Luca Campigotto; 9, Elio Ciol, In attesa, San Giovanni di Casarsa, 1959; 10, 11 e 12, in Via Roma.

Il Festival è aperto fino al 17 giugno. Tutte le info pratiche qui

Storie di amore per l’arte: la Collezione Roberto Casamonti

Nel cuore del cuore di Firenze, al centro del centro: si accende una luce, ed è sfavillante,è la collezione del gallerista Roberto Casamonti, che apre al piano nobile di uno dei palazzi più belli e più celebri di Firenze, il palazzo Bartolini Salimbeni in piazza Santa Trinita.

Proprio davanti alla colonna della Giustizia.

Una piazza già da sola è da pura Sindrome di Stendhal. Un concentrato di bellezza ed eleganza che adesso, di più.

Roberto Casamonti è collezionista e gallerista. Autodidatta, gli ha portato fortuna seguire  l’istinto e la passione: negli anni ha messo insieme un gruppo straordinario di opere. Tante ne ha comprate e vendute. Queste sono quelle che non venderà mai. Raccontano “con autenticità storie di amore per l’arte“, come dice lui stesso.

Amore. Passione. Gioia. Commozione: tutti termini che usa per raccontare quanto l’arte del Novecento italiano ma non solo sia stata importante per lui. Insieme all’incontro con gli artisti, che sono diventati amici e numi tutelari.

Adesso la sua collezione è aperta al pubblico. Gratuitamente.

Gli spazi, di una bellezza squisita, sono arredati con pannelli mobili – disegnati da suo figlio, l’architetto Marco Casamonti – che rendono gli ambienti facilmente trasformabili. L’insieme dei lavori, qui allestiti con grande sapienza da Bruno Corà, è straordinario: davvero quasi non si crede ai propri occhi davanti ai tesori che riempiono le sale: una parete di Fontana di qua, una di Burri di la, e prima una De Chirico, e ovunque quadri e sculture uno più bello dell’altro. Da rimanere veramente a bocca aperta.

Questa collezione, dice Roberto Casamonti, “non la voglio definire un museo” e serve a “mostrare il lavoro e le scelte di tutta la mia vita, sperando che la città di Fiorenze e tutti coloro che verranno a visitare questo spazio l’ apprezzeranno”.

Questo è un regalo bellissimo a Firenze. E Casamonti è un nuovo Medici, un mecenate d’altri tempi.
Aperta dal 25 marzo. Per prenotazioni: http://www.collezionecasamonti.com

Margherita Abbozzo.

Tutte le fotografie sono mie, libere di essere usate da chiunque, graditi i credits, grazie.

Exit mobile version