Rodolfo Fiesoli, fondatore della Comunità Il Forteto, è morto all’età di 84 anni nella rsa di Padova dove si trovava in detenzione domiciliare. Fiesoli era stato condannato in via definitiva a 14 anni e 10 mesi per maltrattamenti e abusi sessuali su minori. Sulla vicenda del Forteto è attiva una Commissione parlamentare d’inchiesta.
Si faceva chiamare il Profeta nella comunità da lui fondata nel Mugello, a Vicchio (Firenze), a cui il tribunale dei minori dava in affidamento giovanissimi con realtà familiari complesse. Oggi è morto Rodolfo Fiesoli, 84 anni, nella rsa in provincia di Padova dove si trovava in detenzione domiciliare per scontare la condanna definitiva a 14 anni e 10 mesi per maltrattamenti e abusi sessuali su minori, reati avvenuti al Forteto per cui sono stati imputati anche i suoi principali e più fedeli collaboratori. Il Parlamento ha dedicato alla vicenda una Commissione parlamentare d’inchiesta anche in questa legislatura. La sua audizione, il 6 marzo scorso, è stato l’ultimo atto pubblico. Era visibilmente malmesso, ma ha comunque tentato di esercitare le sue caratteristiche di persuasore, eludendo le domande scomode, non ricordando circostanze, opponendo il suo punto di vista.
Per decenni l’esperienza del Forteto – una cooperativa agricola affiancata da una fondazione – ha catturato il sostegno e la benevolenza di magistrati, politici, personaggi nazionali per un’asserita capacità della comunità guidata da Fiesoli di saper gestire l’assistenza e l’affido di minori, anche disabili, provenienti da contesti di grave disagio sociale e familiare fino ad ottenere il loro recupero. Erano figli di tossicodipendenti, di genitori violenti, di criminali oppure di gente particolarmente poverae, famiglie dove la potestà genitoriale era poco esercitabile. Ma già nel 1978, col primo arresto di Fiesoli, era emerso dalle accuse un contesto di maltrattamenti, abusi psicologici e sessuali, aspetti che poi sono tornati fuori più di una volta nel tempo mentre intanto l’attività del Forteto continuava fino all’inchiesta della procura di Firenze che nel 2011 portò Fiesoli in carcere per le stesse accuse. Ci furono denunce di ex membri della comunità, alcuni dei quali entrati bambini e usciti adulti ma segnati dall’esperienza di quella che appariva più come una setta, con limitati contatti all’esterno e un’accurata gestione dei rapporti con il tribunale dei minori, con gli assistenti sociali e con i Comuni e gli altri enti.
Il Forteto si spaccò, Fiesoli e altri fedelissimi furono processati e condannati, le accuse dei fuoriusciti rimasero in piedi fino alla conferma in Cassazione. Il Profeta non si è mai pentito e ha sempre ribadito i suoi metodi. Erano, fra questi, i cosiddetti chiarimenti serali – confessioni pubbliche davanti a tutti di comportamenti considerati da lui errati -, alla denigrazione sistematica della famiglia di origine per isolare i minori, inglobarli nella comunità e anche convincerli che “gli atti omosessuali che subivano da Fiesoli e da altri erano a fin di bene”, venne detto nel processo dalla pm Ornella Galeotti, dato che Fiesoli “teorizzava l’omosessualità come pratica per superare la fase adolescenziale e per sostenere il confronto con le donne definite ‘troie e puttane'”.