Sab 20 Apr 2024

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Pergola, storia di un contrastato amore: il testo “smisurato” diretto da Sciaccaluga

Onore e disonore, povertà e ricchezza, libertà e tirannia: Marco Sciaccaluga dirige al Teatro della Pergola di Firenze, da martedì 17 a domenica 22 aprile, la storia drammatica di “Intrigo e amore” di Friedrich Schiller, l’ultimo spettacolo della stagione 2017/2018.

La storia di un legame profondo e impossibile, di intrighi e gelosie, verità e menzogne, corruzione e libertà: scritto, ambientato e rappresentato in Germania alla fine del Settecento, “Intrigo e amore” è un dramma costruito almeno su due livelli narrativi che evocano altrettante classi sociali: quella dei potenti notabili di un principato tedesco e quella dei borghesi.

“Di “Intrigo e amore” colpiscono veramente tante cose. Innanzitutto, che sia stato scritto da un ragazzo di poco più di vent’anni. Un ragazzo di genio, certo, ma anche con la voglia tipica dei giovani di dire tutto. Di qui, è nato un testo veramente “smisurato”, che procede per grandi sequenze messe una dopo l’altra, che infine però raggiungono la finalità di raccontare una storia compiuta: coinvolgente, emozionante, con al centro l’uomo e le sue contraddittorie passioni”.

Friedrich Schiller ha scritto “Intrigo e amore” nel 1783 a soli 24 anni. La modernità del dramma sta nell’attacco all’assolutismo del potere, nella difesa della libertà d’amare, nella giovanile volontà di ribellione, nella rabbiosa denuncia dei privilegi di casta. Raccontando il contrastato amore, Marco Sciaccaluga prende di petto i problemi sociali dell’età di Schiller e li mette a confronto con la spontanea purezza del sentimento amoroso nel quale, pochi anni prima della Rivoluzione francese, si possono già intravedere i segni d’inizio del mondo moderno.

Il nucleo di “Intrigo e amore” è dunque il conflitto tra il potere tirannico e il diritto alla felicità dell’essere umano, rappresentato nell’incontro-scontro fra due classi, la nobiltà e la borghesia.

“Da una parte – spiega Marco Sciaccaluga – c’è la storia d’amore tra il nobile Ferdinand e la borghese Luise Millerin, dall’altra c’è l’intrigo di corte che muove da una logica di dominio prima ancora che da un’ideologia di classe. Al fine di consolidare il suo potere, il Presidente Von Walter ha deciso di far sposare suo figlio Ferdinand con l’amante del Principe suo diretto superiore. Ma a mettere il bastone tra le ruote di questo intrigo, guidato da consuetudini sociali che s’illudono di poter governare a piacimento la vita stessa degli esseri umani, c’è poi la forza deflagrante dei sentimenti”.

Il padre del giovane cerca in ogni modo di ostacolare l’unione e di convincere Ferdinand a sposare Lady Milford, anche per ottenere una promozione, ma il sentimento sincero e profondo del ragazzo non lo fa desistere dal desiderio di sposare Luise. Il Principe e il suo Segretario Wurm (in italiano “verme”) escogitano allora un bieco intrigo, messo in atto con la complicità del Maresciallo Von Kalb, che conduce la vicenda a un epilogo drammatico.

“La legge dei padri ha insegnato a Luise che il suo è un amore proibito – interviene il regista – e anche Ferdinand è continuamente assalito dal dubbio. Loro non sono Romeo e Giulietta, il loro è vero amore, ma anche un continuo dubitare dell’amore. Ferdinand è un personaggio che rinvia sia ad Amleto, sia a Otello. Dubita ed è morso dalla gelosia: con queste premesse basta un nulla perché l’amore si tramuti in odio. Nel dramma di Schiller, poi, il vero organizzatore dell’intrigo è il segretario Wurm, una specie di Jago, ancor più impegnato qui a svolgere il ruolo del drammaturgo”.

“Intrigo e amore” è una miscela gotica. E malgrado gli sviluppi procedano tragicamente, c’è spazio anche per il comico e il grottesco.

“Innanzitutto, nel Maresciallo Von Kalb, che è un personaggio radicalmente ridicolo – conclude Marco Sciaccaluga – quasi un clown: tutto porta a vedere in lui un meraviglioso scemo inconsapevole. Poi c’è del comico in Miller e anche in sua figlia Luise, con tutta la sua voracità di ascesa sociale, mentre l’istrionismo del Presidente sfiora sovente il registro del grottesco. Se a questo aggiungiamo anche l’ironia che caratterizza quasi tutti i personaggi viene davvero da domandarsi come mai, con questo straordinario talento comico, Schiller non abbia mai scritto una commedia in vita sua”.

“Per Schiller Shakespeare è un modello, al quale guardare non tanto per copiarlo, quanto per reinventarlo – dice Sciaccaluga – quello che lo affascina è un teatro dove Bene e Male convivono nel magma dell’umano, un teatro che pone l’uomo al centro del mondo rappresentato. È da questo modello che nasce in “Intrigo e amore” quell’alternanza di alto e basso, di tragico e di comico che è tipicamente shakespeariana e sempre molto evidente nella scrittura di Schiller”.

Il giovane Schiller chiama in causa passioni smisurate, spettacolarmente colorate di forti toni teatrali melodrammatici, facendo di “Intrigo e amore” un classico che, riproposto ora nella nuova traduzione di Danilo Macrì, punta con decisione, per dirla con il critico letterario Ladislao Mittner, a “fondere compiutamente la tragedia politica e quella amorosa, perché erompono da un solo, indivisibile e disperato anelito giovanile di libertà e d’amore”.

Con Roberto Alinghieri, Alice Arcuri, Enrico Campanati, Andrea Nicolini, Orietta Notari, Stefano Santospago, Simone Toni, Mariangeles Torres, Marco Avogadro, Daniela Duchi, Nicolò Giacalone.

Una produzione Teatro Stabile di Genova.

 

 

 

 

 

 

 

 

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