Ven 29 Mar 2024

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Costa e Baliani in HUMAN, un’ interrogazione profonda sul tema della migrazione

 

Oggi, venerdi 16 febbraio e sabato 17, alle ore 21, al Teatro Puccini, andrà in scena HUMAN, uno spettacolo che fa riflettere sul significato di umanità, a partire dal mito dell’Eneide, con la volontà di raccontarne l’ “Odissea ribaltata”.

«D’armi io canto e dell’eroe che, primo, dalle coste di Troia venne all’Italia, profugo per suo destino». La prima ispirazione è stata l’Eneide, il poema di Virgilio che celebra la nascita dell’impero romano da un popolo di profughi: in una lectio magistralis tenuta nell’aula magna dell’Alma Mater Studiorum di Bologna, Marco Baliani è partito dal mito per interrogarsi e interrogarci sul senso profondo del migrare.

Poi l’incontro con Lella Costa e la reminescenza di un altro mito, ancora più folgorante nella sua valenza simbolica e profetica: Ero e Leandro, i due amanti che vivevano sulle rive opposte dell’Ellesponto. Prende avvio così HUMAN, dal tema delle migrazioni e dalla volontà di raccontarne l’ “odissea ribaltata”. Ma nel suo farsi vira, incalzato dagli eventi: al centro si pone lo spaesamento comune, quell’ andare incerto di tutti quanti gli human beings in questo tempo fuori squadra.

HUMAN ha debuttato al Ravenna Festival nel luglio 2016 ed è tuttora in tournée sui palcoscenici italiani per arrivare alle sedi istituzionali d’Italia e d’Europa in forma di oratorio, nel tentativo di innescare un rito di partecipazione sul significato profondo di Umanità.

Le testimonianze dirette, i brandelli di vita vissuta, le narrazioni tramandate e quelle elaborate sui fatti contingenti; le riflessioni degli autori, i loro ripensamenti, i contributi in video o scritti di quanti accetteranno di esprimersi sull’argomento contribuendo ad arricchirlo di sfumature, faranno parte del diario di viaggio dello spettacolo che sarà possibile seguire on line giorno dopo giorno sul sito www.progettohuman.it.

Marco Baliani racconta: “Il titolo lo abbiamo trovato, la parola HUMAN sbarrata da una linea nera che l’attraversa, come a significare la presenza dell’umano e al tempo stesso la sua possibile negazione. Umano è il corpo nella sua integrità fisica e psichica, nella sua individualità. Quando questa integrità viene soppressa, o annullata con la violenza, si precipita nel disumano. Umani sono i sentimenti, le emozioni, le idee, le relazioni, i diritti.

Li abbiamo sognati eterni e universali: dobbiamo prendere atto – con dolore, con smarrimento – che non lo sono. La storia del nostro novecento e ancora le vicende di questo primo millennio ci dicono che le intolleranze e le persecuzioni, individuali o di massa, nei confronti degli inermi e degli innocenti, continuano a perpetrarsi senza sosta.

Con la nostra ricerca teatrale vorremmo insinuarci in quella soglia in cui l’essere umano perde la sua connotazione universale, utilizzare le forme teatrali per indagare quanto sta accadendo in questi ultimi anni, sotto i nostri occhi, nella nostra Europa, intesa non solo come entità geografica, ma come sistema “occidentale” di valori e di idee: i muri che si alzano, i fondamentalismi che avanzano, gli attentati che sconvolgono le città, i profughi che cercano rifugio.

Ma se ci fermassimo qui sarebbe un altro esempio di cosiddetto teatro civile, e questo non ci basta: non vogliamo che lo spettatore se ne vada solo più consapevole e virtuosamente indignato o commosso. Vogliamo spiazzarlo, inquietarlo, turbarlo, assediarlo di domande. E insieme incantarlo e divertirlo, ché è il nostro mestiere.

E per riuscirci andremo a indagare teatralmente proprio quel segno di annullamento, quella linea che sancisce e recide: esplorare (e forse espugnare?) la soglia fatidica che separa l’umano dal disumano, confrontarci con le parole, svelare contraddizioni, luoghi comuni, impasse, scoperchiare conflitti, contraddizioni, ipocrisie, paure indicibili.

Vorremo costruire un teatro spietatamente capace di andare a mettere il dito nella piaga, dove non si dovrebbe, dove sarebbe meglio lasciar correre. E andare a toccare i nervi scoperti della nostra cultura riguardo alla dicotomia umano/disumano. Senza rinunciare all’ironia, e perfino all’umorismo: perché forse solo il teatro sa toccare nodi conflittuali terribili con la leggerezza del sorriso, la visionarietà delle immagini, la forza della poesia.”

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